FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" aprile 2021.
Articolo: "Europa: si salvi chi può" di RITANNA ARMENI.
La vecchia Europa annaspa. La pandemia mostra ogni giorno, come uno specchio severo, debolezze, incapacità, insufficienze.
Il vecchio continente non è stato capace di proteggere la salute, di salvaguardare l'economia, di difendere i suoi cittadini.
La politica dei confinamenti, delle quarantene, dei coprifuochi non è bastata. La rinuncia delle libertà personali non ha sconfitto la diffusione del virus, ma, soprattutto, le istituzioni europee non sono state capaci di organizzare con velocità e competenza il percorso su cui si fondava la speranza: la vaccinazione di massa, l'uso della scienza, della tecnologia, della ricerca al servizio dei cittadini.
Gli errori non si spiegano solo con la sorpresa e l'inesperienza di fronte a un evento non previsto. L'impasse drammatico nel quale ci troviamo ha origine nella cultura politica dominante. Le istituzioni europee non hanno pensato in modo globale. Come se fossimo agli inizi del Novecento e non nel XXI secolo, hanno ritenuto di poter sconfiggere il covid in una parte del pianeta (la più ricca e la più evoluta) lasciando l'altra parte (i più arretrati economicamente e tecnologicamente) a sbrigarsela da sola. Ma il virus non si ferma ai confini, si moltiplica nelle varianti e aumenta la contagiosità. Se non si sconfigge nei Paesi poveri, neppure i ricchi ce la fanno.
Poi il vecchio continente ha sottovalutato i tempi, pensando di poter procedere secondo ritmi programmati per altre esperienze e con procedure già fissate. Errore. La pandemia va molto più veloce di quanto i politici e scienziati abbiano pensato. Per rispondere adeguatamente occorre una risposta ancora più rapida. Che non c'è stata. L'Europa si è affidata ai tempi e alle modalità delle case farmaceutiche e queste, di fronte alla crescita delle richieste, si sono regolate seguendo le esigenze e le gerarchie di mercato.
E poi il terzo errore, connesso con il secondo e con il primo, ma più grave: il mancato intervento e controlli dell'Europa sul mercato libero dei farmaci. Il vaccino non è una merce come un'altra, da esso oggi dipende la vita o la morte di milioni di abitanti del globo. Lasciare che aziende decidano dove va il prodotto, in quali tempi, in quali quantità, chi ha il dirittto di autilizzarlo e dove può venderlo ed esportarlo, significa rinunciare a un ruolo politico da cui dipende la vita di milioni di persone.
Sono in molti ormai a pensare che l'Europa debba intervenire sulla proprietà intellettuale, debba chiedere che i brevetti siano ceduti perché in molti possano produrli e inserirli rapidamente e a basso prezzo nel mercato globale, che occorra procedere a una ristrutturazione dell'industria farmaceutica che previlegi la lotta al covid. I tempi sono stretti, gli errori fatti troppi. Si deve fare in fretta. Il rischio è che a un certo punto ogni Paese faccia per conto suo in nome del "si salvi chi può".
E che l'Europa - la costruzione di un continente politicamente unito e solidale - diventi una delle vittime collaterali del virus.
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