FONTE: avvisi settimanali parrocchie di S. Anna e di S. Giorgio di Zandobbio.
Scrive alla rubrica di posta dei lettori di un grande quotidiano Maurizio, dalla provincia di Brescia:
"Ho trentanove anni, sono ex quasi di tutto: ex marito, ex padre, ex figlio, ex lavoratore, ex cocainomane.
La mia vita, fino a due anni fa, era tutto questo. Poi la rivelazione della mia debolezza ha distrutto tutto. Perfino gli affetti più cari. Così sono passato da uno status di tranquillità normale, fatta anche di bei momenti, di vero amore, a un incubo terrificante.
Senza affetti, senza allegria, senza soldi. Giorni lunghi e disperati, sdraiato sul letto, al buio, il telefono staccato, gli occhi sbarrati fissi al soffitto.
La voglia di farla finita ha cessato di esistere quando, una fredda mattina di dicembre, hanno trovato Bruno, un mio vicino di casa, impiccato a un'inferriata.
Bruno era uno dei pochi che durante la crisi mi rivolgeva qualche attenzione. A volte l'incontravo per strada col suo cane. I nostri occhi si incrociavano, carichi di significato. Io comprendevo in pieno il suo disagio, perché era anche il mio.
Non so cosa sia scattato in me, quando l'ho visto appeso a quell'inferriata, ho deciso di vivere. Sono corso a casa, col fiatone e con le lacrime calde ho spalancato le finestre chiuse da alcuni mesi, ho rivolto lo sguardo al cielo e ho pianto, come mai nella mia vita.
Dolcemente sfinito ho rivisto mia madre e le ho chiesto di perdonarmi. Ho risentito mia figlia al telefono e ho pianto ancora.
Ho scoperto la forza rigenerante delle lacrime: sono l'anima che si ribella. Ora non vedo più segni di morte. Ho rialzato la testa".
Senza affetti, senza allegria, senza soldi. Giorni lunghi e disperati, sdraiato sul letto, al buio, il telefono staccato, gli occhi sbarrati fissi al soffitto.
La voglia di farla finita ha cessato di esistere quando, una fredda mattina di dicembre, hanno trovato Bruno, un mio vicino di casa, impiccato a un'inferriata.
Bruno era uno dei pochi che durante la crisi mi rivolgeva qualche attenzione. A volte l'incontravo per strada col suo cane. I nostri occhi si incrociavano, carichi di significato. Io comprendevo in pieno il suo disagio, perché era anche il mio.
Non so cosa sia scattato in me, quando l'ho visto appeso a quell'inferriata, ho deciso di vivere. Sono corso a casa, col fiatone e con le lacrime calde ho spalancato le finestre chiuse da alcuni mesi, ho rivolto lo sguardo al cielo e ho pianto, come mai nella mia vita.
Dolcemente sfinito ho rivisto mia madre e le ho chiesto di perdonarmi. Ho risentito mia figlia al telefono e ho pianto ancora.
Ho scoperto la forza rigenerante delle lacrime: sono l'anima che si ribella. Ora non vedo più segni di morte. Ho rialzato la testa".
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