FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 22/02/2019.
Articolo: "La scuola ora prende lezioni. Di calcio" di SALVO INTRAVAIA.
Partire dal calcio per migliorare la scuola?
E' possibile secondo Ralitsa Donkova e David Crosier, autori di un recente articolo pubblicato sul sito che la Commissione europea dedica all'istruzione.
Per i due ricercatori, il successo agli ultimi campionati del mondo di calcio (vinti nel 2018 dalla Francia) di Croazia e Belgio può insegnarci qualcosa anche per migliorare l'istruzione primaria in diversi Paesi.
Donkova e Crosier osservano, in particolare, che una piccola nazione come il Belgio è riuscita a piazzarsi al terzo posto, superando nazioni più popolose e con un potenziale nettamente superiore, calcisticamente parlando. E si sono domandati: come hanno fatto i Red Devils a raggiungere risultati così importanti?
Loro ritengono sia dipeso tutto da una scelta che risale ad alcuni anni fa, quando nelle scuole calcio i bambini più piccoli sono stati separati per intervalli di età pari a sei mesi, invece che pari a un anno. Ciò avrebbe permesso l'emergere del talento, anziché della sola forza, anche tra i piccoli.
Che cosa centra la scuola?
Anche a scuola, proprio come in uno spogliatoio, "i più piccoli di una classe possono essere considerati erroneamente meno "intelligenti" e pronti, mentre invece sono semplicemente più "bambini", con il risultato che spesso vengono lasciati indietro in partenza.
Non tenere conto della differenza di età, che può essere anche di molti mesi, preclude a una percentuale di bambini nella stessa classe di sviluppare appieno i propri talenti".
Forse , aggiungono ancora i due esperti, "la lezione che dovremmo imparare dalla Coppa del Mondo 2018 è che tutti abbiamo talento e non possiamo permetterci di sprecarlo. Se continuiamo a organizzare le scuole in un modo che non consente a tutti i bambini di sviluppare pienamente i propri talenti, rendiamo un pessimo servizio agli individui e all'intera società".
Potrebbe essere un ipotesi da studiare anche in Italia?
Per Simonetta Polenghi, presidente della Società di pedagogia, "l'idea di porre più attenzione su ciascun individuo è condivisibile. Ma più che segmentare ulteriormente le classi, sarebbe auspicabile ridurre il numero di alunni al loro interno. E per uniformare le età occorrerebbe limitare al minimo anche gli anticipi, che determinano differenza tra gli alunni all'interno della stessa classe anche di un anno e mezzo".
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