FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" settembre 2018.
Articolo: "Medaglie oltre il colore" di NACERA BENALI.
Il successo nella staffetta 4x400 ai XVIII Giochi del Mediterraneo di Tarragona (tenutisi in Catalogna, dal 22 giugno al 1° luglio scorsi) di quattro atlete italiane ha sollevato una gran campagna mediatica sui social e nei media.
Il motivo? Le vincitrici hanno la pelle nera. Raphaela Lukudo, Maria Benedicta Chigbolu, Libania Grenot e Ayomide Folorunso non si aspettavano un tale clamore.
Sì, perché le quattro giovani donne, di cui una, Raphaela, è nata ad Aversa, si considerano solamente delle atlete italiane che hanno faticato per vincere. Nessuna pensa che la propria pelle possa renderla uno "strumento di propaganda".
Libania Grenot ha dichiarato: "Sono fiera di essere italiana. Lo sono al cento per cento, ed è sempre un onore alzare il tricolore e farlo sventolare. Di politica però non parlo".
E fa bene a sottolinearlo anche il presidente del Coni, Giovanni Malagò: "E' bellissimo che ci siano queste ragazze tutte italianissime e che fanno parte dei gruppi sportivi militari. Siamo felici e orgogliosi di avere questo tipo di rappresentanza, ma è sbagliato che, da una parte e dall'altra, ci sia la volontà di strumentalizzare".
Ayomide vive in Italia dall'età di 7 anni, da quando ha lasciato con i genitori la Nigeria. Maria Benedicta è anche lei nigeriana da parte di padre, mentre sua madre è italiana. Raphaela è nata in Italia da genitori sudanesi. Libania è nata e cresciuta a Cuba ed è diventata italiana dopo aver sposato un italiano.
Negli Usa e nei Paesi dell'Europa occidentale, da anni, non fa più notizia la vittoria di una medaglia da parte di un atleta nero.
Non capita lo stesso in Italia: quando il colore della pelle, la credenza religiosa e le origini dei genitori cesseranno di essere parametri dogmatici per colpa dei quali giovani cittadini italiani vengono discriminati o sventolati come trofei politici? E gli altri devono tutti vincere un premio per sentirsi definire "l'orgoglio dell'Italia"?
Se sono semplici giovani, disoccupati, magari non istruiti e con problemi familiari o sociali come dobbiamo chiamarli?
Quando una persona può ritenersi italiana, se non basta essere nato in Italia e sentirsi parte di questa nazione, avere un genitore italiano, tanto meno vivere nel Paese da oltre vent'anni?
Il motivo? Le vincitrici hanno la pelle nera. Raphaela Lukudo, Maria Benedicta Chigbolu, Libania Grenot e Ayomide Folorunso non si aspettavano un tale clamore.
Sì, perché le quattro giovani donne, di cui una, Raphaela, è nata ad Aversa, si considerano solamente delle atlete italiane che hanno faticato per vincere. Nessuna pensa che la propria pelle possa renderla uno "strumento di propaganda".
Libania Grenot ha dichiarato: "Sono fiera di essere italiana. Lo sono al cento per cento, ed è sempre un onore alzare il tricolore e farlo sventolare. Di politica però non parlo".
E fa bene a sottolinearlo anche il presidente del Coni, Giovanni Malagò: "E' bellissimo che ci siano queste ragazze tutte italianissime e che fanno parte dei gruppi sportivi militari. Siamo felici e orgogliosi di avere questo tipo di rappresentanza, ma è sbagliato che, da una parte e dall'altra, ci sia la volontà di strumentalizzare".
Ayomide vive in Italia dall'età di 7 anni, da quando ha lasciato con i genitori la Nigeria. Maria Benedicta è anche lei nigeriana da parte di padre, mentre sua madre è italiana. Raphaela è nata in Italia da genitori sudanesi. Libania è nata e cresciuta a Cuba ed è diventata italiana dopo aver sposato un italiano.
Negli Usa e nei Paesi dell'Europa occidentale, da anni, non fa più notizia la vittoria di una medaglia da parte di un atleta nero.
Non capita lo stesso in Italia: quando il colore della pelle, la credenza religiosa e le origini dei genitori cesseranno di essere parametri dogmatici per colpa dei quali giovani cittadini italiani vengono discriminati o sventolati come trofei politici? E gli altri devono tutti vincere un premio per sentirsi definire "l'orgoglio dell'Italia"?
Se sono semplici giovani, disoccupati, magari non istruiti e con problemi familiari o sociali come dobbiamo chiamarli?
Quando una persona può ritenersi italiana, se non basta essere nato in Italia e sentirsi parte di questa nazione, avere un genitore italiano, tanto meno vivere nel Paese da oltre vent'anni?
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