FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 03/02/17.
ARTICOLO: "Una buona scuola non deve bocciare alle elementari" di SALVO INTRAVAIA.
Fermi tutti. Abbiamo esagerato. Alle elementari si boccia troppo.
Così il governo pensa di intervenire con un colpo di penna. Anzi, di decreto. Basta vedere l'articolo 3 della bozza del provvedimento sulla "valutazione" che completerà la rivoluzione della Buona scuola rilanciando un comma che era già nella legge 169 del 2008.
Dice: "Nella primaria, i docenti della classe in sede di scrutinio, con decisione assunta all'unanimità, possono non ammettere l'alunno alla classe successiva solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione".
Ma quali sono questi "casi eccezionali"?
Anzitutto, quelli degli scolari, spesso provenienti da ambienti difficili, che saltano molti giorni di scuola o appaiono totalmente disinteressati alle lezioni. E' chiaro che bisognerebbe riuscire a portarli in classe e a coinvolgerli, ma la scuola spesso non riesce in questo compito, certo non facile, e i maestri chiudono il cerchio bocciando.
Gli ultimi dati forniti dall'ufficio statistica del ministero dell'Istruzione parlano chiaro.
Nell'anno scolastico appena concluso, il 2015/2016, i bocciati alla primaria sono più di 11 mila, pari a circa mezzo punto percentuale. Un dato invariato negli ultimi dieci anni.
Il numero cresce poi, ovviamente, alle medie e alle superiori collocando l'Italia tra i primi Paesi della Ue per dispersione scolastica.
Per non parlare delle mancate iscrizioni e degli abbandoni all'università.
In Europa si usa l'espressione early leavers from education and training (abbandoni precoci dei percorsi di istruzione e formazione): tra i giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni da noi nel 2015 erano il 14,7 per cento.
Secondo l'ultimo report (2013) sulla dispersione scolastica del ministero dell'Istruzione, l'identikit degli scolari considerati a maggior rischio di abbandono corrisponde a due profili: stranieri e ragazzi delle regioni meridionali più povere.
Forse, anziché cercare di abolire le bocciature ope legis, sarebbe il caso di prestare maggior attenzione a questa situazione.
D'altra parte ben pochi docenti considerano utile una bocciatura alle elementari.
"Non serve a niente" spiega Daniela Lo Verde, preside dell'istituto comprensivo Falcone allo Zen di Palermo.
"E non ci si può accorgere a giugno che qualcosa non va" prosegue la dirigente scolastica, che opera in uno dei contesti più difficili d'Italia.
E aggiunge: "Se un bambino non ha raggiunto gli obiettivi minimi, significa che qualcosa non ha funzionato. E non credo che le colpe siano sue. Bisogna lavorare per classi aperte e potenziare, in base agli organici, i gruppi di supporto per aiutare i meno attrezzati a raggiungere gli obiettivi. E poi, non sempre le famiglie sono in grado di collaborare. E' un lavoro che va fatto a scuola".
Ma quali sono questi "casi eccezionali"?
Anzitutto, quelli degli scolari, spesso provenienti da ambienti difficili, che saltano molti giorni di scuola o appaiono totalmente disinteressati alle lezioni. E' chiaro che bisognerebbe riuscire a portarli in classe e a coinvolgerli, ma la scuola spesso non riesce in questo compito, certo non facile, e i maestri chiudono il cerchio bocciando.
Gli ultimi dati forniti dall'ufficio statistica del ministero dell'Istruzione parlano chiaro.
Nell'anno scolastico appena concluso, il 2015/2016, i bocciati alla primaria sono più di 11 mila, pari a circa mezzo punto percentuale. Un dato invariato negli ultimi dieci anni.
Il numero cresce poi, ovviamente, alle medie e alle superiori collocando l'Italia tra i primi Paesi della Ue per dispersione scolastica.
Per non parlare delle mancate iscrizioni e degli abbandoni all'università.
In Europa si usa l'espressione early leavers from education and training (abbandoni precoci dei percorsi di istruzione e formazione): tra i giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni da noi nel 2015 erano il 14,7 per cento.
Secondo l'ultimo report (2013) sulla dispersione scolastica del ministero dell'Istruzione, l'identikit degli scolari considerati a maggior rischio di abbandono corrisponde a due profili: stranieri e ragazzi delle regioni meridionali più povere.
Forse, anziché cercare di abolire le bocciature ope legis, sarebbe il caso di prestare maggior attenzione a questa situazione.
D'altra parte ben pochi docenti considerano utile una bocciatura alle elementari.
"Non serve a niente" spiega Daniela Lo Verde, preside dell'istituto comprensivo Falcone allo Zen di Palermo.
"E non ci si può accorgere a giugno che qualcosa non va" prosegue la dirigente scolastica, che opera in uno dei contesti più difficili d'Italia.
E aggiunge: "Se un bambino non ha raggiunto gli obiettivi minimi, significa che qualcosa non ha funzionato. E non credo che le colpe siano sue. Bisogna lavorare per classi aperte e potenziare, in base agli organici, i gruppi di supporto per aiutare i meno attrezzati a raggiungere gli obiettivi. E poi, non sempre le famiglie sono in grado di collaborare. E' un lavoro che va fatto a scuola".
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