giovedì 11 agosto 2016

SCUOLA. Gli esami delle scuole medie


FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 15/07/16.
Lettera inviata a MICHELE SERRA, alla quale il giornalista risponde.

"Egregio Serra, sono docente di un Istituto Comprensivo, al termine di una carriera quarantennale.
Anche quest'anno si è celebrata la farsa degli esami finali del triennio di scuola media.
I nostri giovani (senza voler fare di tutta l'erba un fascio, esistono le eccezioni... ma sempre più rare) si presentano sciatti, distratti, annoiati, menefreghisti e ignoranti come capre.
Noi "poveri" insegnanti ad ascoltare fregnacce e striminzite tesine mandate giù a memoria; nessuno osa interrompere per non spegnere definitivamente l'interruttore. Stiamo lì a guardarli, basiti, e magari a chiederci: cosa abbiamo combinato? Nove, dieci docenti a far finta che tutto vada bene. Basta che respirino e parte un bravooooo.
I presidenti, ligi e mortificati dalle direttive ministeriali, tentano ogni anno di superare l'impasse. Motivano, mediano, incoraggiano, impastano le solite teorie consolatorie, ma il risultato è sempre lo stesso. Tutti promossi. Il degrado è costante e irreversibile, uno sprofondamento senza limiti.
I soliti soloni (che magari non hanno mai messo piede in un'aula) che pontificano sui massimi sistemi mi spiegheranno l'etiologia delle bocciature, danni e traumi e fallimenti ecc.
Risparmiate il tutto, sono quarant'anni che ascolto simili teorie di una pedagogia fallita e distruttiva.
O si torna a svolgere un vero, autentico esame finale con possibilità serie di ripetere l'anno o il Ministero lo decreti ufficialmente: la promozione è obbligatoria per tutti."

                                   Lettera firmata


"Egregio prof, la sua lettera è energica, quasi brutale, e comunque la si pensi in materia di scuola, pedagogia, educazione, non c'è dubbio che il problema esposto sia molto serio.
I miei ricordi di scuola mi consentono di dire che sì, le bocciature, gli esami di riparazione, i cattivi voti bruciano. Pesano. Spaventano.
Ma ricordo anche mio padre - uno che non la faceva tanto lunga - dirmi, tranquillissimo, che se avevo preso tre in matematica me l'ero sicuramente meritato, e che la lezione mi sarebbe servita. E la chiudeva lì, senza fare drammi, come per segnalarmi che le cadute e le sconfitte, nella vita, sono ordinaria amministrazione, e tocca a ognuno di noi rialzarsi.
Non sono un pedagogista e non ho idea di quale sia l'età "giusta" per cominciare a confrontarsi con i propri limiti e le proprie sconfitte.
Non alla scuola materna, ovvio, forse nemmeno alle elementari. Ma alle scuole medie, sulle soglie dell'adolescenza, penso che sia pernicioso dare l'idea che con il minimo sforzo si possa ottenere il massimo risultato.
La vita, poi, è severa; e ho la netta  impressione che buona parte dei dissesti emotivi e delle fragilità dei ragazzi dipendano dal bozzolo iperprotettivo nel quale li facciamo crescere. Se ogni sconfitta diventa una tragedia è anche perché alla sconfitta non si è allenati.
Il concetto di selezione entrò in profonda crisi una cinquantina d'anni fa per ragioni giustissime: si disse che la selezione era "di classe", discriminava i poveri e premiava i ricchi. Ma invece di mirare a una selezione meritocratica, che cercasse di ovviare alle differenze sociali di partenza, si è arrivati progressivamente, per pigrizia più che per convinzione, a una non-selezione, a quel "tutti promossi" a prescindere che lei considera, giustamente, una grave omissione."

                                     Michele Serra


                                                                             
                                                                                      

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