martedì 14 gennaio 2020

ZANDOBBIESI. Ilaria Cantoni a Londra

QUESTO POST E' STATO PUBBLICATO PER LA 1° VOLTA IL 04/02/16.





La mia avventura è iniziata nell'ormai lontana estate del 2012, in una calda mattina di Agosto, fra lo scegliere se cercare un lavoro o frequentare l'Università,  ho stravolto tutti i piani.

Avevo appena conseguito il diploma di ragioneria e non sapevo ancora bene cosa avessi voluto fare della mia vita, non ero convinta per niente. Finché quella mattina nella mia testa si è fatta largo una domanda un po' insolita: "Perché non lasciare tutto e avventurarmi all'estero?"

All'inizio non ho dato molta importanza a questa domanda che mi era apparsa così all'improvviso, da un giorno all'altro. Sembrava il classico sogno irraggiungibile che mai si sarebbe realizzato.
Pareva un risvolto possibile più per un film che per la mia vita.

Piano piano, invece, ho voluto ascoltare me stessa e, giorno dopo giorno, ho iniziato la mia ricerca di informazioni per un futuro che mi sembrava ancora lontano, ma non poi così irraggiungibile. Mi ci è voluto del tempo, molto tempo. Ma, come si suol dire, il tempo ripaga sempre. Finalmente, infatti, in quello che sembrava un giornoi come gli altri passato tra forum e testimonianze di ragazze italiane all'estero, mi sono imbattuta in un sito: www.aupairworld.com.

AU PAIR? Chi diavolo è Au-pair?

Io sono un Au-pair, o meglio, lo sono stata.

Ero una ragazza qualsiasi, senza esperienza, senza sapere una parola di inglese e che ha deciso di trasferirsi in una famiglia all'estero facendo da sorella maggiore a tre piccoli bambini e ad un simpaticissimo Labrador. Tutto questo in cambio di vitto, alloggio ed una piccola paghetta settimanale.

Così la mattina dell'8 Novembre, con il mio biglietto di sola andata in una mano e un  fazzoletto per asciugare le lacrime (dei miei genitori) nell'altra, sono partita per una delle città più belle d'Europa: Londra. Non sapevo cosa mi aspettava, non sapevo proprio niente. Ma la voglia di scoprirlo è stata più forte di tutto  quello che mi potesse impedire di partire.

Non posso certo dire che sia stato facile. Anzi, tutto al contrario.
Ricordo ancora la prima volta che sono entrata in quella che sarebbe diventata la mia nuova casa.

Ad accogliermi c'erano Lisa, Andy, ed i loro tre bambini: George, Ted e Darcy. Sul divano, accanto a loro, c'era Honey, un Labrador di 3 anni. Mi hanno accolto nel migliore dei modi, mi hanno rassicurata e mi hanno messo a mio agio. Devo dire che il mio inglese a quel tempo era completamente inesistente e per i primi tre mesi circa riuscivo a comunicare soltanto a gesti. Questa è stata la parte più difficile. Non riuscivo a comunicare con chi mi stava intorno, non riuscivo ad esprimere le mie sensazioni ed i miei sentimenti.

Ed è così che passavo tutte le sere nel salotto davanti al camino con la mia nuova famiglia inglese guardando film, serie tv, e ascoltandoli parlare fra di loro, assimilando quanto più cose potevo.

Alla mattina portavo Darcy, la mia bambina di 2 anni, al parco e poi in libreria ad ascoltare le storie. A casa ci divertivamo a pitturare con le tempere. Ricordo che le facevo sempre il solletico, perché quando rideva era ancora più bella di quanto già lo fosse. Il tutto mentre George e Ted erano a scuola.

Passavo quindi tutte le mie giornate con lei, la mia bellissima principessa. Lei però era ancora troppo piccola per riuscire a parlare bene, un po' come me. I giorni ed i mesi passavano e, ripensandoci, ora non posso fare altro che ringraziare lei e tutti i pomeriggi spesi a guardare Peppa Pig in tv, che tra grugniti e fango mi ha aiutato ad imparare sempre di più quella lingua che era per me sconosciuta.

Ho capito quanto fosse  importante riuscire a comunicare ed è per questo che facevo di tutto per non sentire e non parlare in italiano. Eccetto quando sentivo i miei amici ed i miei genitori su Skype, ho cercato di passare quanto più tempo potevo con la mia famiglia. Cercavo di parlare sempre di più con loro o anche soltanto ascoltandoli.

A loro devo tutto quello che oggi ho imparato. Mi hanno aiutato come meglio hanno potuto, sono sempre stati disponibili e comprensibili verso tutte le mie esigenze. Mi hanno trattato come una sorella maggiore e sì, mi sentivo parte di loro. Credo che quella di non sentirsi mai soli quando si è lontani da casa sia una delle più belle sensazioni mai provate.

In seguito ho iniziato ad uscire , a conoscere altre ragazze e ragazzi provenienti da tutte le parti del mondo, che erano lì proprio come me.

E' qui che è iniziata la mia fantastica esperienza. Mi svegliavo ogni mattina con la voglia di conoscere e scoprire quante più cose potevo su Londra, quella che ormai era diventata la mia città.

Passare da Zandobbio ad un'immensa metropoli non sapendo nemmeno da che parte girarsi non è stata cosa da niente. Tante sono state le volte che ho chiesto aiuto, tante le volte che ho sbagliato la fermata del bus e mi sono ritrovata dall'altra parte della città, ancora di più le volte passate su e giù nelle stesse vie senza ricordarmi la strada di casa. Infinite sono state le disavventure e, non di rado, la nostalgia si faceva sentire. Mi mancavano gli amici di sempre, mi mancavano i miei genitori, mi mancava la mia casa e mi mancava il mio cagnolino. Il mio cuscino era spesso bagnato dalle lacrime prima che mi addormentassi. Ma comunque dentro di me c'era sempre questa voglia di fare, di scoprire questa bellissima città, che ogni giorno sapeva insegnarmi sempre qualcosa di nuovo. Avevo le mie "nuove amiche" con le quali ho instaurato un  legame che dura tutt'ora. Tante piccole cose, tutte insieme, mi hanno portato a stare lontano da casa per ben due anni.

Londra è diventata così la mia nuova casa.

E' una città stupenda e come ogni città del mondo ha i suoi lati positivi ma anche qualche lato negativo. Inizialmente c'erano tante cose che avrei voluto cambiare, ma giorno dopo giorno ho imparato a conviverci e a trovare i lati positivi. Come il tempo, ad esempio. Londra sembra sempre triste. Le giornate sono sempre uggiose, piove spesso e gli ombrelli non esistono.

Tutta questa tristezza e malinconia viene poi però ripagata dalle poche ma splendide giornate di sole. Non sono molte, ma quando risplende la luce sui tetti, tutto sembra magico.

Per quanto riguarda il cibo a Londra si mangia male, è vero. Bisogna completamente scordarsi della bistecca ai ferri con il contorno di verdure. Con ciò, non ho la presunzione di dire che la mia famiglia non sapesse cucinare, anzi. I piatti erano buonissimi, ma non di certo sani. Tutto era costantemente condito con salse e sughi vari. A colazione, a merenda, a pranzo e a cena non mancava mai il burro. Ricordo addirittura che una volta aprendo il frigorifero ho trovato la bellezza di undici panetti di burro. Lo mettevano persino sulle patatine fritte, con la maionese ovviamente. Avevano addirittura il coraggio di guardarmi male quando mangiavo un piatto di insalata condita con olio e aceto o mettevo un po' di marmellata sui biscotti.

Ma  nonostante il tempo, il cibo e la gente che non sorride mai (se non quando è ubriaca) io Londra l'ho veramente amata. Ho amato quelle immense vie con le loro bellissime case di mattoncini marroni, le finestre a balconcino e le mille porte colorate. Ho amato i pub di legno vecchio e scuro ad ogni angolo delle strade, ho amato vedere uomini, completamente soli, sedersi al bancone ad ordinare qualcosa da bere e vederli uscire due ore dopo, trascinandosi gente appena conosciuta, ridendo e scherzando come se si conoscessero da secoli.

Ho amato la loro totale noncuranza del giudizio del prossimo, del tipo che è normale vedere qualcuno vestito ancora in pigiama (e per pigiama intendo vestaglia e pantofole) comprare delle mele al supermercato. Ho amato i bellissimi parchi immensi e verdi, che nelle giornate di sole si riempivano di bambini, genitori e ragazzi. Tutti erano lì a godersi le poche ore di sole perennemente a mezze maniche, indipendentemente dalla stagione. Ho amato più di qualsiasi altra cosa le fantastiche persone che ho conosciuto, la mia famiglia in primis. Non finirò mai di ringraziarli per la pazienza indescrivibile che hanno avuto all'inizio ed il rapporto che ora si è creato è la prova del legame che c'è tra noi. Un legame che, seppur da lontano, ci sarà sempre.

Partire per Londra per me è stata come una sorta di competizione, una sfida con me stessa. Sono riuscita a mettermi alla prova ed ho capito che impegno e determinazione ti permettono di fare qualsiasi cosa. Londra mi ha così permesso di mettermi in gioco, di fare conoscere lati del mio carattere agli altri ma soprattutto a me stessa. Lati che mai avrei pensato di avere.

Auguro a chiunque stia leggendo queste mie poche e banali righe di partire, di lasciare l'Italia, anche solo per pochi mesi. Vi auguro di vivere un'esperienza all'estero come la mia. Vi auguro di divertirvi, di non avere paura di niente e di buttarvi, senza paura, in nuove esperienze. Vi assicuro che non rimpiangerete nulla, perché quello che si può provare, sarà sicuramente qualcosa di positivo, qualcosa che vi porterete dentro per sempre.

                                           Ilaria 


Ecco alcune foto:
























































































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