mercoledì 20 aprile 2022

CORONAVIRUS. Long covid

 

FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" gennaio 2022.
Articolo: "Long covit: attenzione al dottor Web" di ROBERTA VILLA.


Nell'incertezza che domina la pandemia, particolarmente disorientati, quando non addirittura abbandonati a se stessi e a rischio di cadere preda di cattivi consiglieri, sono stati tutti coloro, e sono tanti, che hanno superato covid-19, e che tuttavia, a distanza di molti mesi, ancora ne soffrono le conseguenze.
Abbiamo già affrontato in questa rubrica, mesi fa, questa condizione, chiamata "long covid", che si può manifestare con un'ampia gamma di disturbi, tra cui prevalgono la stanchezza, la difficoltà di concentrazione, i dolori muscolari, la perdita di gusto e olfatto. Se ne parla, infatti, da oltre un anno, da quando, cioè, coloro che si erano infettati nel corso della prima ondata - nella primavera del 2020 - arrivato  l'autunno non si sentivano ancora tornati nel pieno della loro condizione fisica e psichica. Il fenomeno colpisce anche i giovani, talvolta anche sportivi, e persino bambini.
Eppure, rispetto ad altri temi, questo è sempre rimasto un po' sullo sfondo, attirando meno attenzione di quanto avrebbe dovuto. 
Alcuni ospedali hanno aperto ambulatori specializzati per cercare di offrire supporto medico e psicologico a questi malati, ma sono pochi quelli che sono riusciti a ricevere un aiuto concreto, perché pochi sono ancora gli studi che indicano una vera e propria terapia. Qualcuno ha trovato sollievo dopo la vaccinazione, come suggeriscono i dati, ma molti non ci credono, e temono, col vaccino, di peggiorare la situazione.

PIU' MARKETING CHE TERAPIE

Così, come spesso accade, si apre il computer , si cerca su un motore di ricerca, ci si affida al passaparola. Non solo in Italia.
In una lettera a "Nature medicine" un gruppo di associazioni internazionali di pazienti, tra cui Long Covid Italia, ha messo in guardia dal pericolo che gruppi di sostegno "autogestiti" online suggeriscano comportamenti o terapie senza fondamento scientifico, che possono risultare non solo inutili, ma talvolta anche potenzialmente dannosi. 
Nell'articolo si elenca una serie di esempi in cui, dietro a questi gruppi apparentemente di auto aiuto, si nascondono iniziative di marketing per la vendita di test diagnostici, piani alimentari, presunti trattamenti che non hanno mai dimostrato la loro efficacia.
Altri spingono gli associati a cedere i prori dati a organizzazioni con fini di lucro.
"La promozione di qualunque prodotto in un gruppo di pazienti è inappropriata" fanno notare gli autori. E  in questi casi l'anonimato garantito dalla Rete impedisce di sapere se l'interlocutore che dà consigli è davvero un altro paziente o un soggetto commerciale.
Medesima attenzione va posta anche verso altre malattie. Deve sempre essere un medico a prescrivere una cura, e comunque  non può farlo online senza conoscere il paziente.
Se anche il vostro dottore non ha saputo rispondere in maniera adeguata alla vostra richiesta di aiuto, non è possibile che la risposta di uno sconosciuto su internet sia migliore?
Le associazioni di pazienti riconosciute, se sono serie, possono aiutare e, se è il caso, mettere gli associati in contatto con i medici. Non sostituirli.


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