mercoledì 9 gennaio 2019

VIVERE INSIEME. Senza casa, senza storia


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" dicembre 2018.
Articolo: "Senza casa, senza storia" di FRANCO RAVERA.

Il Natale di quest'anno, come quello di molte altre famiglie sfollate dopo il crollo del viadotto Morandi di Genova, è il primo senza la "nostra" storia.
In quelle abitazioni, in quei palazzi, eravamo già alla seconda o alla terza generazione.
Nel mio condominio c'è stato un periodo in cui abbiamo vissuto io, i miei fratelli e i  miei genitori. Ci ritrovavamo a casa dei miei perché era l'appartamento più grande. Ricordo il calore e la gioia di quei momenti, i nostri figli, i nipotini. Sono stati i Natali più belli.
I miei genitori sono mancati. I parenti hanno preso strade diverse. I miei figli si sono laureati. E la nostra casa non c'è più.
Erano le abitazioni dei ferrovieri, prima in affitto e poi riscattate con enormi sacrifici.
Non eravamo inquilini, ma persone con magri stipendi che si davano una mano. 
Rammento ancora il cortile del palazzo: uno straordinario luogo di aggregazione, con i bambini che giocavano, gli anziani che condividevano le loro storie, il parroco che ogni anno veniva a recitare il rosario.
Tutto "spazzato" via.
Dieci anni fa, un tecnico disse che se non si fosse fatta un'adeguata manutenzione, il viadotto sarebbe crollato in dieci anni. Ad agosto eravamo tutti increduli. Ma è accaduto.
Ora viviamo in un appartamento in affitto per un anno. Spero che gli indennizzi ci consentano di riprendere la nostra vita normale, e di superare la precarietà che stiamo attraversando.
Siamo riusciti a personalizzare la nuova abitazione portandoci quello che, per ora, abbiamo faticosamente recuperato nella nostra casa di via Porro: foto, ricordi di viaggi, ninnoli, i ferri da maglia di mia moglie, i libri di mio figlio; i giochi da bambina, i libri e i profumi di mia figlia. Oggetti che, oltre ai ricordi, legano il nostro passato al nostro presente.
Passeremo il Natale in una casa che non è la nostra. Ma, comunque, ancora una volta in famiglia.
Pe il futuro, mi piacerebbe che quella vivace comunità, ora sparsa per Genova, che si era creata, in oltre mezzo secolo, negli stabili, lungo le vie, nei cortili, sotto o vicino al ponte Morandi, potesse un giorno re-insediarsi altrove. Magari ritrovandosi e rimanendo ancora unita.


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