FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 30/03/18.
Articolo "SE MIGLIAIA DI SCUOLE NON SERVONO A NESSUNO, SERVE UN'IDEA" di SALVO INTRAVAIA.
Ci sono scuole dove la campanella non suona più. Aule dove i banchi sono vuoti da tempo. Finiranno in vendita, questi istituti, come è successo con le caserme e con i fari? Non lo sa ancora nessuno. Ma il problema si porrà presto.
Se si incrociano due dati - quello del calo della popolazione in età scolare previsto dall'Istat e la quota di plessi scolastici al momenti inattivi - il panorama che si delinea è chiaro: con quasi un milione di alunni in meno in dieci anni si svuoteranno ancora migliaia di scuole.
Nel 2028, rivela l'Istituto nazionale di statistica, la popolazione in età scolare (da 3 a 18 anni) passerà infatti dagli attuali 9 milioni a poco più di 8 milioni: 916 mila unità di meno. E già oggi un edificio scolastico su cinque degli oltre 42 mila sparsi in ogni angolo del Paese (ben 8.450 plessi) non viene usato: tecnicamente secondo l'Anagrafe dell'edilizia scolastica del ministero dell'Istruzione, sono scuole "inattive", ovvero "edifici in cui non sono svolte attività (edifici in ristrutturazione, edifici in costruzione, edifici dismessi ecc.) o comunque non associati ad istituzioni scolastiche".
Quindi, come si diceva, è facile immaginare che altre scuole si svuoteranno, in particolare nel Mezzogiorno. Al Nord, infatti, per ora sono inutilizzati il 6 per cento degli oltre 17 mila edifici esistenti; al Sud e nelle isole - dove il calo della popolazione scolastica si preannuncia ancora più forte - la quota sale invece al 33 per cento del totale.
Il record è della Sardegna che, su circa duemila edifici, ne ha soltanto 326 funzionanti.
Il problema è sentito soprattutto nei piccoli comuni.
"Da un lato" dice Massimo Castelli, coordinatore nazionale per l'Anci della Consulta dei piccoli comuni, "ci sono le norme che ci obbligano a mettere comunque in sicurezza le scuole, d'altra parte sempre più edifici vengono abbandonati per carenza di alunni".
Così Massimo Faiferri, del dipartimento di Architettura dell'Università di Sassari, si occupa proprio di offrire una seconda chance alle scuole dei piccoli comuni: "E' impensabile che ogni municipalità possa mantenere la propria scuola dell'infanzia, elementare e media. Bisogna immaginare dei centri scolastici al servizio di più paesi, dove le scuole recuperate diventino punti di riferimento sociali e culturali, aperti tutto il giorno, anche per ospitare convegni e altre attività".
E gli edifici che non si useranno più?
"Si potrebbero trasformare in ostelli, in centri di ricerca e in sedi universitarie" dice Faiferri. "Un modo, fra l'altro, per rendere nuovamente attrattivi i piccoli centri e investire in questi territori".
Se si incrociano due dati - quello del calo della popolazione in età scolare previsto dall'Istat e la quota di plessi scolastici al momenti inattivi - il panorama che si delinea è chiaro: con quasi un milione di alunni in meno in dieci anni si svuoteranno ancora migliaia di scuole.
Nel 2028, rivela l'Istituto nazionale di statistica, la popolazione in età scolare (da 3 a 18 anni) passerà infatti dagli attuali 9 milioni a poco più di 8 milioni: 916 mila unità di meno. E già oggi un edificio scolastico su cinque degli oltre 42 mila sparsi in ogni angolo del Paese (ben 8.450 plessi) non viene usato: tecnicamente secondo l'Anagrafe dell'edilizia scolastica del ministero dell'Istruzione, sono scuole "inattive", ovvero "edifici in cui non sono svolte attività (edifici in ristrutturazione, edifici in costruzione, edifici dismessi ecc.) o comunque non associati ad istituzioni scolastiche".
Quindi, come si diceva, è facile immaginare che altre scuole si svuoteranno, in particolare nel Mezzogiorno. Al Nord, infatti, per ora sono inutilizzati il 6 per cento degli oltre 17 mila edifici esistenti; al Sud e nelle isole - dove il calo della popolazione scolastica si preannuncia ancora più forte - la quota sale invece al 33 per cento del totale.
Il record è della Sardegna che, su circa duemila edifici, ne ha soltanto 326 funzionanti.
Il problema è sentito soprattutto nei piccoli comuni.
"Da un lato" dice Massimo Castelli, coordinatore nazionale per l'Anci della Consulta dei piccoli comuni, "ci sono le norme che ci obbligano a mettere comunque in sicurezza le scuole, d'altra parte sempre più edifici vengono abbandonati per carenza di alunni".
Così Massimo Faiferri, del dipartimento di Architettura dell'Università di Sassari, si occupa proprio di offrire una seconda chance alle scuole dei piccoli comuni: "E' impensabile che ogni municipalità possa mantenere la propria scuola dell'infanzia, elementare e media. Bisogna immaginare dei centri scolastici al servizio di più paesi, dove le scuole recuperate diventino punti di riferimento sociali e culturali, aperti tutto il giorno, anche per ospitare convegni e altre attività".
E gli edifici che non si useranno più?
"Si potrebbero trasformare in ostelli, in centri di ricerca e in sedi universitarie" dice Faiferri. "Un modo, fra l'altro, per rendere nuovamente attrattivi i piccoli centri e investire in questi territori".
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