FONTE: "il venerdì di Repubblica" del 10/09/21.
Articolo: "Se l'integratore non si scioglie non serve a nulla" di ALEX SARAGOSA.
Ogni anno 32 milioni di italiani spendono tre miliardi di euro per integratori alimentari.
Fabiana Quaglia, docente di Tecnologia farmaceutica alla Federico II di Napoli, ha scoperto che spesso questi prodotti non sono solo di "incerta utilità", ma proprio inutili, perché non in grado di rilasciare i loro componenti attivi.
"Lavorando su compresse di integratori fornite dai distributori, ho notato che alcune di esse non passavano il test di disgregazione, che simula le condizioni presenti nel tratto digerente. Quegli integratori, insomma, una volta ingeriti, non si sciolgono nello stomaco o nell'intestino".
Incuriosita, Quaglia ha deciso di andare oltre.
"Ho comprato in farmacia 30 integratori alimentari in compresse di varie marche, e li ho sottoposti allo stesso test, che è obbligatorio per i farmaci, ma non per questi prodotti. Ebbene la metà non lo ha passato, e, in particolare, sono spesso risultate "insolubili" le compresse prodotte da piccole aziende, mentre quelle di marche più note sembrano più affidabili. Forse, per competere su un mercato affollato come quello degli integratori, alcuni prestano poca attenzione al corretto bilanciamento degli eccipienti della compressa, che ne assicura la disaggregazione".
Ma allora il consumatore come può tutelarsi?
"Innanzitutto speriamo che, come promesso, Federsalus, l'associazione del settore, intervenga sui propri associati, imponendo il test di disaggregazione, che costa poco. Secondariamente, quando possibile, si punti a prodotti equivalenti in capsule di gelatina, che, essendo le stesse dei farmaci, sono certamente solubili. Infine il consumatore può anche fare un test a casa: tenga la compressa in acqua a 37° per mezz'ora, se non si scioglie lo segnali al farmacista e cambi prodotto".