FONTE: avvisi settimanali parrocchia di Albegno.
DI CHE PRETE SEI?
C'è l'usanza nelle nostre parrocchie di giudicare i sacerdoti definendoli all'antica o moderni a seconda di come si vestono, di come celebrano, predicano, parlano...
A mio riguardo ne ho sentite di tutte: che sono all'antica, per alcuni; per altri un po' troppo moderno; mi è anche stato detto che non sono un parroco, ma un curato; altri mi hanno detto che sono più un pastore di pecore e di capre che non di anime...
A dire la verità, nessuna di queste definizioni mi dispiace. Nella loro motivazione originaria volevano essere offensive o denigratorie, ma a me sembrano simpatiche.
Comunque, aldilà di come sono visto e giudicato, io ho fatto la scelta di impegnare la mia vita per servire la Chiesa.
Verifico la mia Fede con quella che la Chiesa custodisce da sempre, e non con le teorie dei teologi.
Amo la Chiesa che mi ha generato alla Fede e me l'ha nutrita; per questo la considero mia madre. E anche se nel tempo è stata prostituita, continuo ad amarla, anche se la rimprovero, perché è mia madre e so che anche lei mi offre la misericordia per le mie miserie.
La amo e la ammiro anche perché madre di tanti figli della Luce che si sono nutriti al suo seno e hanno goduto delle sue carezze.
Quando parlo, trasmetto volentieri quello che ho imparato sulle sue ginocchia, e continuerò a parlarne nella certezza di dire cose vere perché una mamma che ama i suoi figli non insegna mai cose cattive o false a loro.
Se per questo sono ritenuto un prete all'antica, ne sono orgoglioso, perché vuol dire che non ho tradito mia madre, quella stessa che Dio ama e che Cristo ha scelto come sposa alla quale resta fedele da sempre, perché la ama.
Se poi sembro un po' troppo spinto perché quando lavoro indosso la tuta; quando faccio il podista i pantaloncini e la canottiera o quando vado in piscina il costume da bagno, ne sono orgoglioso perché non mi sento ingessato riguardo alla veste talare o alla divisa da prete, anche se, quando è necessario, la indosso con piacere.
E se sembro più un pastore di pecore o di capre che non di anime, mi si risveglia in animo una passione che ho da sempre: l'allevamento e la cura degli animali che ho potuto assecondare altrove perché avevo la spazio adatto, ma che non mi ha mai rubato tempo alla cura delle anime perché dedicavo agli animali le ore nelle quali le anime non erano disponibili (e all'elenco degli animali aggiungo i pony, gli asini, le galline, le oche e a volte anche i conigli): questi ultimi animali di taglio più piccolo utili anche per la cucina.
E se per qualcuno son sembrato più un curato che un parroco vuol dire che sono appassionato alla pastorale dei ragazzi e dei giovani, che non mi ha mai distolto dalla pastorale degli anziani.
Aldilà di come ognuno mi vuol vedere, ci tengo a restare quello che sono con l'impegno di testimoniare e di annunciare (per quanto la mia pochezza permette) la Fede della Chiesa così come la Chiesa me la trasmette.
E' questo il mio impegno più importante al quale non voglio rinunciare e il mio solo orgoglio del quale non mi voglio pentire.
don Camillo
VITE INTRECCIATE
E' cominciato il caldo
finalmente.
Di mattino presto
nel silenzio dell'alba
rimarcato da brezza
leggera e fresca
bagno i fiori
e le piante aromatiche
attorno alla Chiesa.
A modo suo
ognuna ringrazia
per l'acqua versata,
liberando un profumo
d'arcaica schiettezza
bramata.
Altri amici aspettano
sotto.
Nelle stallette
appena svegliati
dal canto di uccelli,
cavalli e caprette
mi corrono incontro
nitrendo e belando
con voci d'infanzia.
A modo suo
ognuno ringrazia
per il fieno fornito,
con odore di stalla
memoria d'un tempo
passato.
don Camillo
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