FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" giugno 2018.
Articolo: "Meleducazione tra i banchi" di FULVIO SCAPARRO.
Premetto che, nello scorso aprile, l'episodio del ragazzo dell'Istituto tecnico di Lucca che umilia il professore davanti alla classe ha avuto tanto risalto da far pensare che in fondo si tratta soltanto di un caso eccezionale, da prendere di certo seriamente, ma comunque isolato e del tutto raro nella scuola italiana.
E' strano che non si sia dato altrettanto risalto ai numerosi episodi riportati dalla stampa di altri insegnanti derisi e umiliati dagli studenti, di genitori che insultano, minacciano e picchiano i professori rei di aver dato brutti voti ai figli, alle non poche scuole nelle quali non c'è traccia di disciplina e di rispetto delle regole minime dell'educazione.
L'episodio di Lucca ha avuto vasta eco non soltanto per l'invito dello studente al professore di sottomettersi e riconoscere la sua "autorità", ma per il fatto che il tutto è avvenuto con la partecipazione compiaciuta del resto della classe che ha pensato bene di videoregistrare il memorabile evento.
Tra i tanti aspetti che più mi inquietano di questa vicenda c'è proprio la convivenza degli altri studenti che hanno assistito da spettatori a un episodio che avrebbe dovuto invece riguardarli da vicino: un professore impaurito e impotente di fronte al loro compagno che si autoesaltava nell'aggressione, a beneficio dei compagni felici di quel divertente imprevisto che rompeva la noia della lezione.
Nessuno di loro ha avuto il coraggio di alzarsi per far cessare lo spettacolo del fallimento e in questo, spero che qualcuno glielo faccia capire, non sono meno responsabili del loro compagno protagonista della brutta storia.
Ma nemmeno l'insegnante, i suoi colleghi, i dirigenti della scuola escono bene dalla vicenda, perché non credo proprio che la totale mancanza di rispetto di quello studente sia stato un fulmine a ciel sereno.
Come bene ha scritto Chiara Saraceno ne "la Repubblica" del 19 aprile, siamo in presenza di un esempio di "quella zona di guerra che troppo spesso sembrano diventati la scuola e il rapporto tra insegnanti, alunni e genitori, dove gli insegnanti appaiono sempre più delegittimati, privati di qualsiasi autorevolezza".
E, invece di chiederci come siamo arrivati a questa situazione e come cercare di uscirne al più presto, arrivano soluzioni che hanno il solo scopo di tranquillizzare l'opinione pubblica: forze dell'ordine nella scuola.
Con il dovuto rispetto per queste forze, l'ordine va cercato e trovato, o ritrovato, prima di tutto nel corpo insegnante e nelle famiglie, attraverso una severa autocritica e un progetto pratico e realizzabile di rieducazione alla convivenza. Anche se è ovviamente meglio che il rispetto non sia soltanto legato ope legis (cioè per norma di legge) al ruolo, ma sia invece guadagnato sul campo, dobbiamo riconoscere che dove non c'è rispetto ci sono scontro, prove di forza, vincenti e perdenti, insomma tutto salvo la collaborazione e la partecipazione a un'impresa comune di insegnanti, famiglie e studenti.
Due parole su ciò che intendo per "rispetto". Non mi riferisco soltanto alle accezioni più comuni, ai sentimenti di stima o di considerazione, né alla buona educazione o significati simili. L'accezione che ho in mente è la giusta distanza di convivenza. La preferisco perché si riferisce a un obiettivo importante: mantenere una relazione tra diversi senza reciproche invasioni.
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