FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" ottobre 2017.
Articolo: "L'ozio è il nemico dei vizi" di FULVIO SCAPARRO.
Leggo questo titolo su un quotidiano: "Stancare i giovani nel tempo libero. In vent'anni crollata la percentuale di chi fuma e beve alcolici". Non sono entusiasta dell'idea che i ragazzi debbano essere "domati" per sfinimento.
In realtà, nell'articolo si dicono cose diverse e, per come la vedo io, sensate. Si riferisce di esperienze e ricerche negli Usa, in Islanda e in qualche città dell'Unione europea sugli effetti positivi ottenuti incentivando le attività extrascolastiche degli adolescenti.
I risultati più promettenti sono stati ottenuti in Islanda, dove il governo, nel 1997, ha dovuto far fronte a una vera e propria emergenza sociale: il 25 per cento dei ragazzi fumava ogni giorno, il 40 per cento si era ubriacato almeno una volta nell'ultimo mese.
Oggi la percentuale di 15-16enni che abusano di alcol è passata dal 48 al 5 per cento, quella di chi fuma cannabis dal 17 al 7 per cento, e dei fumatori di sigarette dal 23 al 3 per cento.
Tutto questo è stato ottenuto grazie a un programma basato sugli studi sulle dipendenze condotti a Denver all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso. Il programma islandese ha consentito a tutti gli adolescenti di partecipare a una vasta gamma di attività extrascolastiche, sportive e ludiche, con la richiesta ai genitori di cogliere questa occasione per passare più tempo con i figli.
Tutto questo ha fatto crollare nei giovani islandesi il ricorso all'alcol, al fumo e alle sostanze stupefacenti. Le ricerche sulle quali ho richiamato la vostra attenzione sembrano, a prima vista, confermare accusa all'ozio di essere il padre dei vizi.
Questa condanna senza appello dell'ozio mi lascia perplesso, perché ho bene in mente che nel pensiero orientale e occidentale "ozio" non è soltanto sinonimo di indolenza e pigrizia, ma ha anche un valore positivo. Come per il colesterolo, c'è un ozio buono e uno cattivo.
Nell'antica Roma, il tempo libero dalla vita pubblica e dagli affari pubblici e privati - i negotia, da nec octium, non ozio - poteva essere dedicato alla famiglia, agli studi, alla meditazione, alla campagna, alle conversazioni con gli amici. Non si tratta di "non far niente" ma, piuttosto, di "fare altro", di uscire dalla routine del lavoro, anche scolastico, e di dare spazio alla libera espressione dei propri interessi culturali nel senso più ampio del termine.
I ragazzi islandesi hanno la possibilità di sperimentare quanto faccia bene oziare nel senso di non occuparsi solo del nec otium delle attività scolastiche, e sono diventati i più salutisti d'Europa.
Il piacere dell'ozio aumenta quando è percepito come giusta, necessaria e salutare ricompensa di una vita impegnata e laboriosa. Avendo sempre in mente la raccomandazione di Cicerone: ozio sì, ma con dignità (otium cum dignitate), non perdendo il senso della misura e rifuggendo da ogni eccesso.
Finisco con la strizzatina d'occhio di un grande umorista, Jerome K. Jerome, che scriveva: "E' impossibile godere a fondo l'ozio se non si ha una quantità di lavoro da fare".
In realtà, nell'articolo si dicono cose diverse e, per come la vedo io, sensate. Si riferisce di esperienze e ricerche negli Usa, in Islanda e in qualche città dell'Unione europea sugli effetti positivi ottenuti incentivando le attività extrascolastiche degli adolescenti.
I risultati più promettenti sono stati ottenuti in Islanda, dove il governo, nel 1997, ha dovuto far fronte a una vera e propria emergenza sociale: il 25 per cento dei ragazzi fumava ogni giorno, il 40 per cento si era ubriacato almeno una volta nell'ultimo mese.
Oggi la percentuale di 15-16enni che abusano di alcol è passata dal 48 al 5 per cento, quella di chi fuma cannabis dal 17 al 7 per cento, e dei fumatori di sigarette dal 23 al 3 per cento.
Tutto questo è stato ottenuto grazie a un programma basato sugli studi sulle dipendenze condotti a Denver all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso. Il programma islandese ha consentito a tutti gli adolescenti di partecipare a una vasta gamma di attività extrascolastiche, sportive e ludiche, con la richiesta ai genitori di cogliere questa occasione per passare più tempo con i figli.
Tutto questo ha fatto crollare nei giovani islandesi il ricorso all'alcol, al fumo e alle sostanze stupefacenti. Le ricerche sulle quali ho richiamato la vostra attenzione sembrano, a prima vista, confermare accusa all'ozio di essere il padre dei vizi.
Questa condanna senza appello dell'ozio mi lascia perplesso, perché ho bene in mente che nel pensiero orientale e occidentale "ozio" non è soltanto sinonimo di indolenza e pigrizia, ma ha anche un valore positivo. Come per il colesterolo, c'è un ozio buono e uno cattivo.
Nell'antica Roma, il tempo libero dalla vita pubblica e dagli affari pubblici e privati - i negotia, da nec octium, non ozio - poteva essere dedicato alla famiglia, agli studi, alla meditazione, alla campagna, alle conversazioni con gli amici. Non si tratta di "non far niente" ma, piuttosto, di "fare altro", di uscire dalla routine del lavoro, anche scolastico, e di dare spazio alla libera espressione dei propri interessi culturali nel senso più ampio del termine.
I ragazzi islandesi hanno la possibilità di sperimentare quanto faccia bene oziare nel senso di non occuparsi solo del nec otium delle attività scolastiche, e sono diventati i più salutisti d'Europa.
Il piacere dell'ozio aumenta quando è percepito come giusta, necessaria e salutare ricompensa di una vita impegnata e laboriosa. Avendo sempre in mente la raccomandazione di Cicerone: ozio sì, ma con dignità (otium cum dignitate), non perdendo il senso della misura e rifuggendo da ogni eccesso.
Finisco con la strizzatina d'occhio di un grande umorista, Jerome K. Jerome, che scriveva: "E' impossibile godere a fondo l'ozio se non si ha una quantità di lavoro da fare".
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