mercoledì 12 dicembre 2018

RES PUBLICA. L'assenza dello Stato


FONTE: "Messaggero di sant'Antonio" ottobre 2018.
Articolo: "L'inaccettabile assenza dello Stato" di RITANNA ARMENI.

E' avvenuto nel cuore dell'estate. E' stato allora che, con il crollo del ponte Morandi di Genova, i quarantré morti, lo sfregio a una città  privata di un  importante collegamento col resto del Paese e dell'Europa, abbiamo avuto la sensazione di essere tutti soli e senza protezione.
Quanto avvenuto a Genova non era ineluttabile, non eravamo in presenza di quello che gli inglesi, con mirabile sintesi, chiamano God's act, un'azione di Dio, quindi imprevedibile e imponderabile.
Dietro il crollo del ponte Morandi c'è assenza di controllo, di manutenzione, di cura. C'è la disattenzione delle istituzioni e dello Stato.
Certo, anche la mancanza grave di una società privata, ma non è certo a questa che i cittadini affidano la loro vita e la sicurezza, bensì alle istituzioni della comunità cui appartengono. E queste hanno tradito.
Come e perché sia avvenuto, in base a quali concrete azioni, delibere, con quali colpe specifiche, in conseguenza di quali contratti ha importanza, certamente, ma relativa. Riguarda le colpe e le responsabilità dei singoli ma, di sicuro, i controlli sono stati omessi o sono stati insufficienti.
La disattenzione c'è stata, e abbiamo tutti i motivi di provare un disperato sentimento di solitudine e di sconforto. Di sentirci orfani dello Stato. Lo so. Gli italiani sono abituati a uno Stato assente. La criminalità organizzata, i frequenti episodi di corruzione, l'evasione fiscale, per citare solo i primi tre esempi che mi vengono in mente, basterebbero  a testimoniarlo.
La mancanza di cura del patrimonio pubblico, il deterioramento anche delle sue parti più preziose, l'incuria per l'ambiente sono altre drammatiche e quotidiane dimostrazioni.
So, sappiamo, che di questa mancanza gli italiani si sono fatti una ragione, e a questa mancanza di regole si sono adeguati. Non pretendono più la presenza dello Stato, ma approfittano della sua assenza curando il più possibile il loro interesse a scapito di quello della comunità.
Ancora una volta, gli esempi - piccoli e grandi -sono così tanti nella nostra vita quotidiana che è inutile anche cominciare. E, infatti, non cominceremo.
Quel ponte tagliato in due, quelle vite spezzate e quella città deturpata ci hanno scosso e ci hanno aperto gli occhi.
Neppure le polemiche politiche che sono seguite, le sterili e inutili parole che sono state dette riescono a distrarci da quello che la tragedia di Genova ci ha indicato: la necessità e l'urgenza di costruire una comunità istituzionale (questo è lo Stato) che vigili su di noi, ci controlli, ci punisca se necessario, ma sempre ci protegga.
Una nuova legittimazione della politica, tanto necessaria dopo alcuni decenni di disprezzo e vituperio, passa anche per un rafforzamento delle istituzioni, per il riconoscimento esplicito e senza remore del loro ruolo.
L'italiano - si dice da più parti - è un popolo che non ama le regole. Ecco, è venuto il momento di rompere con questo stereotipo. E di pretendere le regole, per gli altri e per se stessi.


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